
In occasione del meeting scientifico “Advances on Alzheimer's disease Therapy (AAT) and ADPD International Focus Meeting”, ospitato a Torino nel mese di marzo, Fabrizio Piazza, assegnista di ricerca presso il Dipartimento di Medicina e Chirurgia, è stato insignito del Rita Levi Montalcini Award for Young Italian Investigators, un importante riconoscimento per alcuni studi sull’Alzheimer, risultato di un lungo e complesso lavoro di squadra intrapreso nel 2012 presso l’Università Bicocca di Milano con la creazione di un apposito Network internazionale, e reso possibile grazie a un finanziamento di Fondazione Cariplo.
Abbiamo chiesto a Fabrizio di raccontarci il progetto e gli sviluppi futuri.
- In cosa consiste il progetto?
Il progetto di ricerca biomarkARIA, finanziato dalla Fondazione Cariplo nell’ambito del Bando Ricerca biomedica condotta da giovani ricercatori, ha come scopo primario quello di identificare e validare nuovi biomarcatori innovativi per la diagnosi, prognosi e monitoraggio terapeutico di pazienti affetti affetti da una rara malattia denominata Cerbral Amyloid Angipaty-related inflammation (CAA-ri). Ma non solo. Il mio gruppo ha recentemente dimostrato che questa malattia rara “mima” gli effetti avversi che si manifestano durante i trials clinici di immunizzazione con anticorpi monoclonali diretti verso la proteina amiloide depositata a livello cerebrovascolare in pazienti Alzheimer, noti come Amyloid Related Imaging Abnormalities (ARIA).
L’immunizzazione, quale possibile cura per l’Alzheimer, è oggi considerata una delle terapie più promettenti per questa malattia così devastante. Ciononostante, a fronte dei promettenti risultati sperimentali, ben il 55% dei pazienti trattati sviluppa degli eventi avversi severi, caratterizzati da microemorragie cerebrali ed edema vasogenico, le ARIA appunto. Ad oggi non esiste alcun modo per diagnosticarle precocemente e, ancor più rilevante, non esistono raccomandazioni per il loro trattamento acuto e monitoraggio. Ciò rappresenta un grosso problema nei trial, soprattutto perché i pazienti che sviluppano ARIA vengono automaticamente esclusi dall’opportunità di proseguire il trial, e quindi perdono l’opportunità di continuarne il trattamento.
Con le nostre ricerche, partendo dall’intuizione di studiare la CAA-ri come un modello umano spontaneo di ARIA, abbiamo identificato dei nuovi biomarcatori precoci di ARIA, e CAA-ri, suggerendo anche un possibile algoritmo diagnostico e terapeutico per la cura e gestione dei pazienti affetti.
- Quali sono i prossimi obiettivi della ricerca?
Il potenziale dei nostri risultati ha suscitato enorme interesse da parte delle case farmaceutiche. Il prossimo obiettivo sarà quindi quello di iniziare a collaborare con le industrie farmaceutiche al fine di valutarne la reale traslazionalità nei trial clinici.
- I passi avanti raggiunti in che direzione possono far progredire una diagnosi precoce?
L’ambito delle ricerche in cui ci muoviamo è sicuramento quello della medicina traslazionale, con obiettivo ultimo quello di traslare appunto i risultati della ricerca in un’ottica di medicina personalizzata e quindi un trattamento disegnato sulle esigenze del singolo paziente. Ciò che ci auguriamo è quello di poter presto definire dei biomarcatori che siano utili a differenziare i pazienti sulla base del loro personale rischio di sviluppare ARIA, prima che inizino il trattamento, attraverso uno screening al baseline, così da minimizzare lo sviluppo di eventi avversi ma allo stesso tempo ottimizzarne l’efficacia terapeutica.
- Vincere il il Rita Levi Montalcini Award for Young Italian Investigators è insieme un'opportunità e una responsabilità: in che misura impatterà sul modo di continuare i tuoi studi?
Aver ricevuto questo premio è un sicuro incentivo a continuare ancora con più tenacia e “testardaggine”, nonostante le ben note difficoltà di fare ricerca in Italia.Allo stesso tempo però dimostra che con tantissimo sacrificio e passione è ancora possibile fare buona ricerca in Italia, e in Bicocca in particolare.
E’ doveroso precisare che i risultati della ricerca non sono mai personali. Nel mio caso, io ho la fortuna di Coordinare un Network di ricercatori internazionali, chiamato iCAB International Network (https://sites.google.com/site/icabinternationalnetwork), che include più di 35 centri nel mondo coinvolti nella ricerca interdisciplinare (Neurologia, Neuroradiologia, Biochimica, Farmacologia) che tutti insieme lavorano per raggiungere un obiettivo comune: il paziente. Tutto questo non sarebbe realizzabile singolarmente, così come senza il prezioso supporto di Fondazione Cariplo e dei colleghi del Dipartimento di Medicina e Chirurgia dell’Università di Milano Bicocca.