Milano-Bicocca, il futuro della medicina è nella Casa della ricerca

Martedì, 26 Giugno, 2018
 
Nanofarmaci, proteomica, metabolomica: il futuro della medicina è nella “Casa della ricerca”.  Nell’edificio U28, a Monza, i ricercatori di diverse aree disciplinari lavorano fianco a fianco per mettere a punto nuove tecniche di ricerca. Inaugurato due anni fa, l’U28 è nato come ambiente di ricerca basato sul modello della open science in cui la presenza di tecnologie è combinata con la presenza di competenze. Qui, i ricercatori lavorano su più fronti: dalla nanomedicina alle scienze omiche, considerate fondamentali per la medicina di precisione.
 
Tra le attività su cui sono attualmente impegnati i gruppi di ricerca, ci sono nuovi progetti per la nanomedicina, la realizzazione di tessuti umani partendo da una stampante 3D e l’implementazione di una nuova tecnica di imaging per individuare le alterazioni molecolari alla base di alcune patologie.
 

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Phogallery U28 e Descrizione

 
In U28 si lavora con il sorriso. E le idee migliori, spesso, nascono in pausa caffé". Nella casa della ricerca spazio ai momenti di svago con calcio balilla, il ping pong, la piccola cucina sempre a disposizione, per un caffè o per un pranzo veloce. 
 
In U28 lavorano dei veri e propri designer di nanoparticelle: sono i ricercatori di nanomedicina dei dipartimenti di Medicina e Chirurgia, Biotecnologie e Bioscienze, Fisica e Scienza dei Materiali. La interdisciplinarità della competenze permette di condurre progetti di ricerca integrati per la creazione di nuovi nano-dispositivi medici diagnostici o terapeutici, finalizzati alla loro traslazione alla clinica. Attualmente le ricerche sono incentrate soprattutto sulla terapia dei tumori e delle malattie del sistema nervoso centrale. Nel caso dei tumori la ricerca è indirizzata verso creazione di nuovi dispositivi per terapia genica, immunologica e per ablazione termica (ipertermia); nel caso delle malattie del sistema nervoso centrale per la terapia della SLA e della malattia di Alzheimer. 
 
I ricercatori biostampano porzioni di organo e porzioni di tessuto contenenti al loro interno le differenti componenti cellulari. I ricercatori stanno lavorando per “convincere” linee cellulari differenti a funzionare nel modo giusto, ricostruendo un microambiente che sia il più vicino possibile a quello dell’organo o del tessuto naturale. Il 3D bioprinting richiede un team di ricerca multidisciplinare, in cui le competenze su fisiologia, cellule e materiali siano ben integrate. Si parte dagli organi e dalle loro caratteristiche, passando per le funzionalità e i componenti cellulari, e si finisce con il disegno di materiali che, insieme alle cellule, verranno biostampati.
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